Il 2 luglio una giuria principalmente formata dal WTTC, il
World Travel & Tourism Council, ha proclamato i vincitori di quelli che nel settore sono conosciuti come gli
“Oscar” del turismo, una cerimonia annuale che premia le
best practices, le migliori aziende dell’ospitalità della catena di produzione dei servizi (dal settore crocieristico a quello aereo, passando per le strutture ricettive) e i migliori enti di destination management. L’
Europa ha ricevuto quest’anno un segnale forte e chiaro: la
nazione più virtuosa, quando si tratta di turismo, è il
Portogallo.
Non soltanto i portoghesi si portano a casa il premio (per la seconda volta consecutiva) come Leading Country Destination, ma, tra i numerosi riconoscimenti ottenuti, svettano nella classifica rispettivamente Madeira come migliore isola-destinazione, Lisbona come prima città turistica europea e il Tourism Board della penisola come migliore ente di politiche di sviluppo e promozione turistica. Il Portogallo può dirsi fiero e tutti gli altri paesi, specialmente quelli del Mediterraneo, non possono far altro che ammirare una tale crescita e un tale successo e, possibilmente, imparare ad imitarlo.
Perché proprio il Portogallo?
Che cosa ha reso il Portogallo un modello vincente, riconosciuto e acclamato dal WTTC?
Ci sono decine di fattori da prendere in considerazione per analizzare in maniera esaustiva e lucida il caso portoghese, ma è possibile raggruppare una serie di macro-categorie di motivazioni per avere un’idea di quello che è successo negli ultimi anni nella penisola.
- La situazione politica. È dal 2011 che il martoriato Portogallo, sull’orlo del baratro, ha deciso di porre fine alle politiche di austerità classiche dell’Eurozona dettate dalla Germania. Nel giro di tre anni il tasso di disoccupazione si è dimezzato (dal 17,4% all’8,1%), il salario minimo garantito aumentato e le privatizzazioni favorite dal governo come mai prima. Addirittura ha soddisfatto i requisiti fiscali imposti dall’UE surclassando tutte le previsioni che lo volevano sconfitto – forse perché le circostanze in cui lo stato versava erano troppo simili a quelle del governo greco di Syriza clamorosamente fallito qualche tempo prima. Le politiche di riabilitazione implementate hanno favorito l’aumento del PIL (uno dei più bassi dell’UE), una crescita lenta ma stabile nel tempo, e conseguentemente maggiori investimenti del settore pubblico, seppur non sempre sapientemente diversificati (una vittima è stato il campo dell’istruzione che ha visto i propri fondi diminuiti drasticamente di anno in anno sin dal 2013).

- La valorizzazione del turismo come nuovo motore propulsore di crescita. Se il tasso di disoccupazione si è dimezzato in 7 anni c’è da acclamare una politica revisionista sul settore dell’ospitalità. I maggiori tassi di occupazione si sono infatti registrati nell’ambito ricettivo, specialmente negli alberghi e nei ristoranti. Il turismo portoghese cresce del 10% ogni anno secondo il National Statistic Institute, favorito negli ultimi cinque anni da un sempre crescente traffico aereo low-cost che permette a città come Lisbona e Porto di vincere la competizione contro le destinazioni del Mediterraneo e del Nord Africa. Il rovescio della medaglia sta nel fatto che anche il Portogallo è affetto da contratti non regolamentati e paghe più basse di altri settori quando si tratta dei servizi turistici. Dunque, anche se il turnover è molto alto e i salari lasciano a desiderare, il settore turistico si è confermato, per investimenti privati e per numero di occupati, come primus movens della rinascita economica.
- Le collaborazioni con altri paesi europei. È significativo che il Portogallo si sia rivolto ad altre destinazioni europee per lo scambio di know-how, partnership e accordi di reciproci piani d’investimento. La via per l’apertura, si sa, è smettere di considerare i competitors come nemici e cominciare invece a considerarli dei possibili partner: le soluzioni di collaborazione, apertura e cooperazione con altri enti pubblici e privati rivelano maggiore solidità nel lungo termine, nonché una ricchezza culturale che, specialmente quando si tratta di produzione di servizi intangibili, fanno la differenza nell’outcome finale. Il Portogallo ha nell’ultimo anno sancito alleanze con vicini (si veda il Montenegro) e opposti (Cina onnipresente: gli accordi di scambio culturale tra università portoghesi e cinesi forniscono una prova incoraggiante sull’effettiva ricreazione dell’antica “Via della Seta”, canale di comunicazione necessario e invitante in tempi così oscuri come quelli che si stanno vivendo oggi).

- La cura della percezione dell’immagine. Niente attacchi terroristici, prevenzione contro l’overtourism (lo sanno bene i loro cugini spagnoli di Barcellona, ormai esausti dalle fiumane di turisti che invadono le loro spiagge), politica dei prezzi che non svende la destinazione come “cheap” (nonostante la presenza di tanti operatori low-cost), boom di pratiche eco-sostenibili: tutto questo fa percepire la destinazione turistica portoghese, da parte del WTTC e non solo, in maniera estremamente positiva. La penisola aveva resistito alla crisi, mantenendo intatta la propria credibilità come destinazione nonostante la grave crisi economica (sorte diversa era toccata ad Atene, cfr), secondo uno studio dell’Emerald Insight del 2014. Il caso, insieme alle attività di promozione e riposizionamento della destinazione nazionale e il lavoro locale dei destination board sia a Nord che a Sud del paese hanno fatto la differenza non soltanto per i turisti di tutto il mondo, ma anche e specialmente per gli investitori stranieri, i quali, secondo una ricerca di E&Y del 2017, concentrano i propri capitali (e di conseguenza, i loro business e conseguenti aumento di domanda e di offerta e di tassi occupazionali) nelle zone di Lisbona (preferita nel 53% dei casi) e Porto (28%).
La strada da fare per il Portogallo e per il sud dell’Europa è ancora lunga, sicuramente; d’altro canto è possibile per una volta lasciarsi andare all’ottimismo e far sì che i portoghesi raccolgano i frutti di tanti sforzi: questo piccolo stato è oggi un leader indiscusso nella gestione del marketing e della promozione delle destinazioni che offre, investe nella ricerca e nell’economia circolare e mostra un settore pubblico finalmente flessibile ed elastico quando si tratta di politiche di prezzo e di tassazione.
L’esempio della vittoria del Portogallo agli occhi del WTTC serve per riflettere su questo: il turismo può effettivamente salvare un paese dalla recessione, lo hanno ampiamente dimostrato e hanno ricevuto l’endorsement internazionale per la seconda volta consecutiva. Chissà che non sia possibile che, con i giusti riadattamenti politici ed economici, il turismo divenga anche in Italia la forza trainante per la ripresa economica.
Di Carlotta Puorto