E’ impossibile pensare di intraprendere con successo un’azione di vendita se non sappiamo come si comportano i digital consumers con cui abbiamo a che fare. E, in un’epoca in cui mezzi tecnologici e dati pullulano a nostro favore, non abbiamo proprio scuse. Pensiero ancora più vivo dopo aver dato un’occhiata ad un report realizzato da […]
E’ impossibile pensare di intraprendere con successo un’azione di vendita se non sappiamo come si comportano i digital consumers con cui abbiamo a che fare. E, in un’epoca in cui mezzi tecnologici e dati pullulano a nostro favore, non abbiamo proprio scuse.
Pensiero ancora più vivo dopo aver dato un’occhiata ad un report realizzato da Netcomm e MagNews. Di seguito sintetizzerò quello che ho letto, per condividere con voi qualcosa che ritengo davvero interessante.
Cominciamo: i touchpoint (ovvero i punti di contatto tra il cliente e l’azienda) utilizzati dai digital consumers nel processo di acquisto possono essere sia di natura online che offline. Secondo lo studio in questione, il 70% degli italiani ha effettuato un acquisto online negli ultimi sei mesi. Cosa non difficile da credere ma che fa riflettere su un ampio potenziale per il nostro settore.
Nello specifico, i primi 5 touchpoints attivati nella fase iniziale di orientamento d’acquisto, indipendentemente dal canale utilizzato per ultimarlo, sono stati:
i motori di ricerca, di cui Google per primo;
i siti comparatori (AAA messaggio subliminale per gli hotel che stanno leggendo!);
le recensioni sui forum e sui canali social;
il passaparola da amici e conoscenti;
le vetrine dei punti vendita.
Tipologia di touchpoint utilizzati
Scomponendo l’analisi in relazione al canale di acquisto effettivamente utilizzato, emerge una significativa tendenza all’approccio omnicanale ai brand: i touchpoint utilizzati sono di natura digital nel caso di acquisti online e di tipo offline nel caso di shopping tradizionale in store.
Customer journey degli utenti italiani
Altro dato interessante: sia per gli acquirenti online che per quelli offline, in circa un terzo delle occasioni non vi è stato un evento che li ha stimolati a comprare, segno di un acquisto che in qualche modo era già pianificato e deciso. E sopratutto, segno che hotel e pubblici esercizi devono ancora lavorare tanto in termini di promozione. Non ci siamo, dobbiamo essere più push! Dove puntare? Gli acquirenti online, i digital consumers in senso stretto, risultano particolarmente stimolati da comunicazioni come e-mail, sms e notifiche che li informino di nuove promozioni, prodotti già monitorati o di potenziale interesse (29,2%).
Meccanismo di attivazione degli acquisti
Le 8 tipologie di digital consumers
Dai dati emersi nel report, è possibile suddividere la popolazione italiana in 8 cluster di digital consumers, contraddistinti da specifici comportamenti di acquisto
e di relazione con il brand. Elementi che sarebbe opportuno conoscere per approcciarsi con risultati tangibili alle persone che compongono il proprio target.
Analizziamo queste otto categorie una ad una:
TRADIZIONALISTA INFORMATO (9,9%) – Over 65, abitante delle grandi città; si approccia al mondo digitale e mobile con qualche difficoltà. E’ incuriosito dalle tecnologie avanzate di pagamento, ma ha una dotazione di strumenti di pagamento limitata; qualche app di shopping e qualche carta fedeltà. Ciononostante, utilizza con disinvoltura i touchpoint digitali per orientarsi nei suoi acquisti offline. E’ il cluster con la spesa media più elevata (+130% rispetto alla media).
CONSERVATORE IRREMOVIBILE (12,7%) – Prevalentemente donna “over 55” di paese, è il cluster che ha meno confidenza con il digitale, i social e il mobile. Acquista solo in negozio, raramente a distanza e mai online. L’acquisto è intenzionale e non è quasi mai proceduto da un processo di orientamento e informazione. Principalmente si tratta di un cliente fidelizzato che riacquista prodotti che conosce già. E’ un target per cui investire in stimoli “push” sarebbe inutile. Il volume di spesa è quello più basso in assoluto (-72% rispetto alla media).
INFLUENZABILE (7,2%) – Cluster variegato, con maggiore concentrazione di donne, sotto i 25 anni o over 65, per lo più residente in centri abitati molto piccoli o molto grandi; paladino degli estremi, ha poca confidenza con il digitale ma grande familiarità con il mobile. Sia il processo di orientamento che l’acquisto vero e proprio avviene perlopiù tramite canali offline e media tradizionali. Dei digital consumer questo è il target meno fidelizzato rispetto a un brand o a un prodotto. È molto attento al parere degli “esperti”. la spesa media è bassa (-47% rispetto alla media).
INFORMIVORO (5,7%) – Anche questo è un cluster abbastanza variegato, con maggiore concentrazione di uomini “under 30”; è il più evoluto digitalmente infatti utilizza diversi strumenti di pagamento, dai più comuni (come carta di credito/debito e il bancomat) a quelli tecnologicamente più avanzati (ad es. Satispay e app di pagamento); inoltre, possiede un alto numero di fidelity card. Come il cluster precedente, questi digital consumers sono scarsamente fidelizzati rispetto a un brand o a una marca e sono molto sensibili alle offerte. Il percorso di orientamento è molto articolato e prevede l’attivazione di tutti i touchpoint possibili, sia online che offline. La spesa media è elevata (+85%).
FAST SHOPPER (31,8%) – Soprattutto donne di età media compresa tra 35 e 54 anni, con sufficiente ma circospetta confidenza con le tecnologie digitali. L’acquisto online è la diretta risposta a un bisogno e non è preceduto da un percorso di orientamento né offline né online. Utilizza diversi strumenti di pagamento, per lo più comuni (carta di credito/debito, bancomat e PayPal); possiede un elevato numero di carte fedeltà che utilizza all’occorrenza. Infatti, ha un “ricambio” di prodotti molto elevato, ma la spesa media è relativamente bassa (-44%).
“SHERLOCK” DIGITALE (11,7%) – Uomo sotto i 30 anni, possiede molta confidenza con le piattaforme digital e social. Ha un percorso di orientamento articolato, in gran parte online, molto influenzato dai comparatori e dalle recensioni di altri utenti. Come il fast shopper, utilizza diversi strumenti di pagamento, dai più comuni (come carta di credito/debito e bancomat) a quelli tecnologicamente più avanzati. Ha le carte fedeltà ma difficilmente riacquista lo stesso prodotto. E’ sensibile alle notifiche push a patto che siano veicolate in canali digitali. Il target è interessante: volume di spesa elevato (+25% rispetto alla media).
LOOK MANIAC (9,4%) – Donna giovane, under 24, ha buona confidenza con le tecnologie digitali e molto attiva sui social (Snapchat, Youtube e Pinterest tra i principali). Utilizza più strumenti di pagamento e possiede diverse carte fedeltà; contrariamente da quello che ci si potrebbe aspettare, non utilizza molte app di shopping ed è abbastanza fedele al brand. Attiva i touchpoint, sia online che offline, che sono in grado di ispirarla, di trasmettere il fascino del prodotto e di rassicurarla. La spesa è leggermente inferiore alla media (-20%).
FRIEND FOLLOWER (11,6%) – Fanno parte di questi digital consumer gli uomini tra i 55 e i 64 anni. Amante dei classici e dei propri punti fermi, nel percorso di orientamento all’acquisto attivano i touchpoint digitali più comuni, ma il parere di amici ed esperti in negozio sono gli elementi decisivi. E’ il classico utilizzatore web medio italiano, usa facilmente i social, specialmente LinkedIn. Non ha un brand preferito ed è poco fidelizzato, insomma non è carne nè pesce. Però, ha una spesa leggermente sopra della media (+33%).
Distribuzione dei cluster rispetto alla tipologia di cliente e al numero di touchpoints attivati
Conclusioni
Per stabilire una strategia centrata all’obiettivo è opportuno notare che Informivori e Sherlock digitali, ossia i cluster che fanno più uso di touchpoint digitali, sono anche quelli che hanno di fatto più punti di contatto con il brand. Quando aumenta il livello di interazione con l’azienda, cresce la possibilità per
la stessa di supportare il consumatore in maniera puntuale ed efficace lungo il suo customer journey. Vale la pena investire tempo in questo processo. D’altro canto, invece, Conservatori irremovibili e Influenzabili hanno un’interazione con i touchpoint molto limitata, se non nulla. Inutile investirci.
Ogni consumatore è unico. I percorsi di acquisto dei consumatori sono molto differenti e legati a specifiche abitudini, bisogni e livelli di confidenza con i diversi strumenti messi a disposizione delle aziende, sia online che offline. I digital consumers si riflettono in una pluralità di profili fortemente differenziati, ma tutti accumunati dalla voglia di vivere esperienze di acquisto uniche e personalizzate. E’ responsabilità dei brand crearle, utilizzando tutti i dati e le tecnologie a disposizione per comprendere in maniera puntuale e tempestiva i comportamenti di consumo dei loro clienti attuali e potenziali.
Infine: la strategia deve essere necessariamente omnicanale.
Le imprese devono rivolgere anche ai consumatori più tradizionali un’idea digitale, stimolando il dialogo e insegnando loro come comunicare online. Un punto di partenza può essere quello di includere nel processo di acquisto online dei servizi più tradizionali, legati al contesto fisico, per rompere il ghiaccio e creare fiducia tra brand e consumatore.
Per quanto riguarda gli acquirenti online, hanno un livello di interazione con l’azienda assai più rilevante. Qui gli strumenti digitali hanno un ruolo fondamentale per attivare il primo acquisto, il riacquisto e la fidelizzazione, ma il contatto offline non deve mancare.