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Instagram porta la sfida del direct booking ad un livello superiore


Prossimo protagonista del direct booking, nell’ottobre 2010 ha fatto il suo debutto sulla scena digitale mondiale un nuovo social network nato con l’idea di promuovere uno spazio di condivisione di fotografie con brevi didascalie: Instagram, la neonata app statunitense, non apportava nessuna grande novità per gli utenti, specialmente dal momento che fotografi professionali e amatoriali […]
Prossimo protagonista del direct booking, nell’ottobre 2010 ha fatto il suo debutto sulla scena digitale mondiale un nuovo social network nato con l’idea di promuovere uno spazio di condivisione di fotografie con brevi didascalie: Instagram, la neonata app statunitense, non apportava nessuna grande novità per gli utenti, specialmente dal momento che fotografi professionali e amatoriali avevano già il loro strumento di comunicazione online – ve lo ricordate ancora Flickr? Nel giro di due mesi, però, Instagram ha raggiunto un milione di utenti registrati, sbaragliando ogni concorrente (addio, Flickr) e superando ogni possibile previsione ragionevole. Il motivo è presto detto: la piattaforma era già nata come app, in formato iPhone, ottimizzata per il funzionamento e la visualizzazione da dispositivi portatili e schermi ridotti. Gli ideatori avevano saputo leggere con scaltrezza l’orientamento del comportamento degli user. Dopo due anni, quindi, Mark Zuckerberg, già proprietario di Facebook, ha fatto due conti in tasca e, avendo intercettato tutte le potenzialità del social network ha rilevato Instagram per un miliardo di dollari. Spiccioli, se si pensa al potere che l’app detiene oggi, sia dal punto di vista di condivisioni istantanee che dal punto di vista commerciale in termini di sponsor e pubblicità – se volessimo anche solo mettere da parte momentaneamente il ruolo che potrebbe svolgere nel direct booking. Dal 2012 ad oggi le cose sono molto cambiate, in maniera acceleratissima, tanto che stare dietro agli aggiornamenti dei social diventa sempre più faticoso. Sei anni fa Facebook era il social più utilizzato e più in voga, sia da utenti privati sia da aziende che trovavano, così, una piattaforma di scambio e condivisione di facile accesso, che permetteva una comunicazione diretta come mai era stata possibile prima. Se Facebook ha dato il via alla rivoluzione per le aziende e per i consumatori di tutto il mondo internet, è stato Instagram a riceverne le consegne e portare a compimento il progetto di stravolgimento delle abitudini d’acquisto e di vendita.

Come Instagram ha fagocitato tutti i suoi concorrenti 

La condivisione degli scatti degli utenti, dal 2010 ad oggi, è diventata soltanto una delle tante funzioni del social. Nel suo processo di transizione ad app all-in-one, IG ha fatto a pezzi Periscope, introducendo le dirette (che anche Facebook aveva incorporato poco tempo prima, pur senza riscuotere grande successo) e macinato milioni di utenti di Snapchat,  immettendo nel in uno degli aggiornamenti del 2016 la funzione delle stories (mini-video della durata di 15 secondi modificabili con adesivi, filtri, scritte e, da qualche settimana, brani musicali). E se questo non bastasse, forse sarebbe bene ricordare che adesso si appresta a competere con colossi del calibro di Youtube con la trovata dell’IG-TV, ossia la presenza di canali di streaming veri e propri, disponibili per tutti gli utenti che così facendo possono registrare video di lunga durata (più di 15 minuti) e permanentemente accessibili e visibili sul proprio profilo. A cavalcare l’onda del successo dell’app preferita dei Millennials, ovviamente, sono arrivate le aziende di ogni settore che con la loro sempre più massiccia invadenza hanno iniziato a trasformare un luogo di condivisione-blog-photo sharing in un centro commerciale virtuale. A capirne le potenzialità sono stati, come sempre, i leader del retail che hanno sfruttato inizialmente la possibilità di sponsorizzarsi tramite stories che l’algoritmo di IG propone agli utenti in base alle loro preferenze, senza che essi debbano necessariamente seguire determinati profili. Così i Big della moda e degli accessori, che all’inizio si erano accontentati di farsi pubblicità con ads mirate e inserzioni, hanno preteso sempre di più fino ad arrivare all’acquisto diretto di post di determinate personalità (gli influencers), che ora anziché limitarsi a dedicare hashtag o caption alle aziende rendono noto il tag diretto della sponsorizzazione tramite una specifica funzione che fa comparire la dicitura “sponsorizzato da @Marchio” – pronta a convertirsi da impression a click. Fosse stata soltanto una questione di visibilità probabilmente non ci sarebbe stato niente di rivoluzionario. Dopotutto, molte delle funzioni che oggi sono integrate nell’aggiornamento dell’app erano già presenti anche su Facebook. Mentre Facebook, però, pare essere sempre più utilizzato da user over-30, e nonostante rimanga un must di ogni strategia digitale che si rispetti per aziende che desiderano creare consapevolezza per il proprio brand, Instagram ha catturato meglio di ogni altro social l’attenzione degli utenti, a partire dai più giovani, probabilmente per una questione di istantaneità dei post e di velocità di condivisione che Facebook non ha o, detto meglio, che su Facebook non viene percepita. Un’analisi di Business Insider UK del 2017 ha mostrato come IG riesca ad ottenere un livello di engagement degli user fino a quattro volte superiore rispetto a quello di Facebook. Ma Instagram è andato oltre. Nel 2018 l’app entra in competizione diretta con Amazon, avviando la sua lenta trasformazione (ormai inevitabile) in marketplace. Le aziende infatti si sono accorte di poter pretendere di più che semplice visibilità o reindirizzamento ai propri e-commerce: perché non dare la possibilità all’utente, a questo punto, di finalizzare l’acquisto direttamente dal social? Perché in effetti già Pinterest ci aveva pensato l’anno scorso a trasformare il proprio sito in un e-commerce gigante, ma Silbermann (CEO di Pinterest) non aveva colto la sottile sfumatura tra il reindirizzare un utente a una pagina d’acquisto e il permettere a un utente di non dover far altro che cliccare un bottone – eccola, la formula magica del direct booking nel 2018.

L’impatto sul settore dell’ospitalità: da strumento di digital marketing al direct booking

La riforma dei comportamenti e delle modalità d’acquisto che Instagram sta guidando deve essere tenuta sotto controllo anche dagli esperti del settore turistico: oggi le scarpe e le cinture, ma domani le camere d’albergo e il tavolo al ristorante. Tre anni fa è stata Starwood ad essere pioniera in questo senso, siglando una partnership con LiketoKnow.it per permettere agli user di prenotare un soggiorno direttamente cliccando sulle fotografie sponsorizzate dalla catena alberghiera e postate sui profili degli influencer (il sistema lasciava a desiderare: l’utente riceveva un link via email dove continuare la prenotazione). Anche Facebook aveva introdotto, a partire dal 2013, un tasto per il direct booking in molti profili aziendali, ma l’innovazione non aveva trovato un’organizzazione standard e sistematica per tutte le pagine. Eppure oggi il direct-booking via IG che poteva sembrare fino a poco tempo fa difficile da realizzare sta già prendendo forma negli Stati Uniti. IG ha concluso accordi e stretto partnership con popolari siti di recensioni e prenotazione online come Yelp, SevenRooms e OpenTable e sta sperimentando la presenza di un semplice bottone, nei profili aziendali di ristoranti, bar e compagnie alberghiere, per far sì che l’utente possa completare la prenotazione o l’acquisto di un servizio direttamente sulla piattaforma e senza alcuna landing page intermediaria. L’impatto di questa funzione potrebbe essere di portata enorme, considerando i dati attuali sulle compagnie del settore Travel e Hotel: basti pensare che Booking.com ha mezzo milione di followers, Tripadvisor 1.4 milioni, e Marriott, Hilton e Intercontinental insieme sfiorano il milione di seguaci. Sull’Independent, l’anno scorso, si leggeva che il 40% dei Millennials sceglie la destinazione dei propri viaggi in base all’ “instagrammabilità” dei luoghi. E una ricerca di SevenRooms aveva mostrato come, quando si tratta di servizi alberghieri, il 75% degli utenti agisce (dunque, prenota) dopo aver visualizzato un post o una fotografia su internet. I risultati dell’esperimento della nuova funzione non sono ancora misurabili. Quel che è certo è che bisognerà ripensare attentamente le strategie digital per l’hotellerie per sfruttarne tutte le possibilità: ormai il social network non è più solo uno strumento di marketing o di posizionamento, di gestione di customer relationship o di condivisione/feedback. Instagram è strumento di vendita effettiva, luogo di transazioni commerciali e, possibilmente, nel futuro prossimo, un importante fattore da considerare nei sistemi di revenue management. Ignorarne la funzionalità per il direct booking ricorderebbe quegli inguaribili ottimisti che con la nascita di Booking.com avevano rassicurato tutti del fatto che fosse soltanto una moda passeggera…

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