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Turismo culturale all’inglese – Il caso Historic Dockyard di Portsmouth


Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), agenzia delle Nazioni Unite “[il turismo culturale] rappresenta tutti quei movimenti di persone motivati da scopi culturali come le vacanze studio, la partecipazione a spettacoli dal vivo, festival, eventi culturali, le visite a siti archeologici e monumenti, i pellegrinaggi. Il turismo culturale riguarda anche il piacere di […]
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), agenzia delle Nazioni Unite “[il turismo culturale] rappresenta tutti quei movimenti di persone motivati da scopi culturali come le vacanze studio, la partecipazione a spettacoli dal vivo, festival, eventi culturali, le visite a siti archeologici e monumenti, i pellegrinaggi. Il turismo culturale riguarda anche il piacere di immergersi nello stile di vita locale e in tutto ciò che ne costituisce l’identità e il carattere”. Di fatto il turismo culturale è quindi una forma di turismo che è strettamente legata alla cultura di una specifica regione o paese, in particolare il patrimonio culturale spesso fornisce l’autenticità della destinazione, rendendola distintiva e diversa dalle altre. Proprio sul patrimonio culturale si basa spesso il vantaggio competitivo rispetto ad altre destinazioni. Recentemente ho avuto occasione di trascorrere un periodo di studio a Portsmouth, una cittadina situata nella contea dell’Hampshire, proprio sulla costa meridionale del Regno Unito. Si tratta di una località nota per Università e scuole per lo studio e la specializzazione della lingua inglese pertanto è sempre molto frequentata in tutti i periodi dell’anno da un pubblico estremamente variegato per età e provenienze. Ma non solo.

Historic Dockyard, un prodotto turistico d’eccellenza

La località di Portsmouth si distingue anche per essere stata per secoli uno dei più importanti porti navali, in particolare sede principale delle navi della flotta della Marina Reale Inglese (Royal Navy) e proprio l’area dei cantieri navali e spazi ad essa connessi (anche in zone più periferiche) sono stati trasformati in una splendida ed enorme attrazione turistica, Historic Dockyard, che è diventata, per ricchezza di offerta, un vero e proprio spazio di “consumo culturale”. Sapientemente propongono al visitatore, data l’estensione dell’area e l’ampiezza delle proposte e attività possibili, biglietti singoli (poco convenienti) oppure un biglietto cumulativo, della durata di un anno, a tutte le attrazioni presenti (navi, sommergibili, musei, spettacoli, mostre, ecc). Personalmente ho visitato, per questioni di tempo, solo alcuni dei principali punti di interesse dell’Historic Dockyard che consentono di vedere l’evoluzione delle navi da guerra dal ‘500 alla seconda metà dell’800, ovvero:
  • HMS Victory, la nave da guerra celebre per le sue vittorie e soprattutto per essere stata la nave dell’Ammiraglio Nelson su cui poi trovò la morte;
  • HMS Warrior 1860, la prima nave da guerra britannica corazzata;
  • e la Mary Rose, in cui si entra in un Museo spettacolare.
Mi soffermerò proprio su quest’ultima: nave da guerra di Enrico VIII, costruita nel ‘500, la Mary Rose naufragò dopo 34 anni di servizio, nel 1545, e fu recuperata dalle acque nel 1982. Subito dopo aver varcato i tornelli di ingresso, ed essere accolti dalla figura di Enrico VIII, si assiste ad un breve video, proiettato in una stanza con apertura temporizzata, di grande impatto e coinvolgimento, in cui è evocato l’evento dell’inabissamento della nave quindi si avvia la narrazione e la visita.   Il percorso espositivo si sviluppa in un sapiente gioco di pannelli informativi di tipo tradizionale e touch screen interattivi, quadri tattili per non vedenti e per curiosi, postazioni didattiche dedicate ai bambini, momenti immersivi grazie a video e suoni all’interno della nave (splendido l’allestimento di quanto recuperato), e una serie di quadri di vita grazie agli “uomini” della Mary Rose ovvero alcuni personaggi identificati in ruoli precisi, quali ad esempio il carpentiere e l’arciere, di cui si sono rinvenuti gli scheletri grazie ai quali, genetisti ed antropologi, hanno ricostruito, oltre alla fisionomia, anche lo stile di vita. La tecnologia assume un ruolo fondamentale infatti, attraverso un linguaggio multimediale, dà vita ad un racconto coinvolgente. Grazie anche a questo sono presenti più livelli di comunicazione e di approfondimento, una sezione ad esempio è dedicata agli studi compiuti sugli oggetti ritrovati e sul lavoro effettuato dagli archeologi subacquei per riportare alla luce la Mary Rose. Si tratta pertanto di una visita adatta a tutti e assolutamente piacevole per tutti! Grande attenzione anche alle persone più anziane o con difficoltà, grazie alla presenza di leggeri sgabelli che ci si può portar dietro e utilizzare in caso di sosta o…attacchi di stanchezza. L’Historic Dockyard rappresenta un sistema museale di successo in cui il territorio, inteso come elemento culturalmente significativo, e la tecnologia ne costituiscono le componenti essenziali. L’interazione e la multimedialità sono aspetti fondamentali nella definizione di un allestimento contemporaneo che consenta al visitatore di percepire la visita come una vera e propria esperienza, stimolando in lui non solo la curiosità ma anche l’emotività. L’interazione infatti mira ad ottenere un rapporto più stretto di partecipazione con il pubblico, sia in rapporto con lo spazio – contenitore sia in rapporto con ogni singolo oggetto musealizzato. La multimedialità, invece, intesa come l’utilizzo di molteplici tecniche allestitive, permette di integrare e completare il progetto museologico e museografico andando a comunicare a diversi livelli e diversi pubblici. Anche in questo caso gli Inglesi si dimostrano estremamente abili nel valorizzare e comunicare le proprie risorse e nel rendere remunerativo questo patrimonio avendo previsto numerosi spazi commerciali (punti per lo shopping tematico, caffetterie, aree ristoro e attività complementari) nonché eventi speciali fortemente attrattivi (An explosive escape o The Festival of Christmas, ad esempio). Cosa dire dell’Italia? Il patrimonio di certo non manca, sicuramente è necessario potenziare la capacità attrattiva dei percorsi espositivi e il genio narrativo. Il percorso fortunatamente è iniziato.

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