Ma quali NEET? Ci ha pensato CornerJob, app dedicata al recruitment, a smentire il preoccupante fenomeno dei “Not (engaged) in Education, Employment or Training” – ovvero i giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono iscritti a scuola né all’università, che non hanno un impiego e che nemmeno seguono corsi di formazione o […]
Ma quali NEET? Ci ha pensato CornerJob, app dedicata al recruitment, a smentire il preoccupante fenomeno dei “Not (engaged) in Education, Employment or Training” – ovvero i giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono iscritti a scuola né all’università, che non hanno un impiego e che nemmeno seguono corsi di formazione o aggiornamento professionale – svelando che il lavoro nel turismo è quello più ricercato.
I Millennials d’estate preferiscono lavorare
Se da un lato sarebbero oltre due milioni i giovani scoraggiati in Italia (fonte: ISTAT), secondo i dati diffusi da CornerJob il 47,4% dei Millennials pare sia riuscito ad accalappiarsi un’occupazione estiva. E non solo: il 48,5% di loro ha spuntato un contratto di durata superiore ai sei mesi, contro un 6,1% di ragazzi soddisfatti da lavoretti “mordi e fuggi” (bagnino, animatore turistico, eccetera).
Dunque, il segnale è positivo: molti giovani italiani hanno utilizzato l’estate per lanciarsi e, se possibile, dare inizio a un percorso che andrà oltre il lavoro stagionale. Una rilevazione che assume ancora più significato se ponderata con il periodo di cui stiamo parlando, tradizionalmente dedicata a divertimento e riposo.
In ristorazione e turismo le occupazioni più ambite
Pare dunque che il mercato abbia ritrovato il sano dinamismo che tanto speravamo. “I giovani hanno sviluppato un mindsetdiverso rispetto alle generazioni precedenti – puntualizza Eva Maggioni, Head of Sales & Strategy di CornerJob. – Scelgono i settori che sono le colonne portanti del Made in Italy: turismo e manifatturiero. Settori che, forse più di altri, offrono la possibilità di una crescita e di esperienza di ampio respiro non solo dal punto di vista professionale”.
Fonte: CornerJob
Sono infatti le posizioni in ambito turismo e HoReCa a guidare offerte e ricerche di lavoro nel 2018, catalizzando oltre il 30% del movimento totale. Seguono il comparto manifatturiero (24%) e commerciale (13%). I ragazzi ambiscono a professioni meno stagionali e più stabili, anche quando si tratta di lavoro nel turismo: molti di essi vorrebbe diventare receptionist (24,1%), baristi (16,7%), camerieri (12,2%). Impieghi qualificati, che oggi richiedono competenze specifiche (come ad esempio la padronanza delle lingue straniere) e che favoriscono il contatto con il pubblico e la costruzione di relazioni sul lungo periodo.
Fonte: CornerJob
Che l’hospitality sia un settore cardine per l’economia italiana non è una novità. I dati CornerJob, quelli delle varie associazioni di categoria e delle istituzioni vanno tutti nella stessa direzione: l’Italia riparte dal lavoro nel turismo. “Ma è interessante osservare la grande trasformazione che ha saputo compiere. Ha investito nell’innovazione e nella diversificazione. Ha abbracciato territori nuovi […] creando offerte e prodotti che coniugano cultura ed enogastronomia, arte e sport, salute ed entertainment. Ha favorito lo sviluppo di un fitto tessuto micro-imprenditoriale che ha fatto del ‘prodotto Italia’ un’eccellenza sempre più riconosciuta su scala globale. Tutto ciò chiaramente non solo ha dato una grande spinta all’occupazione, ma ha anche innescato un processo evolutivo delle varie professioni legate all’attività turistica.”
A proposito di questa evoluzione, abbiamo chiesto alla Prof.ssa Anna Maria Zilli – presidente di Re.Na.I.A. (Rete Nazionale Istituti Alberghieri) e Dirigente Scolastico dell’ISIS Bonaldo Stringher di Udine – cosa ne pensa.
Ci troviamo di fronte a un cambiamento culturale non da poco. I ragazzi cominciano a capire che accogliere clienti alla reception o lavorare tra i tavoli di un ristorante, significa responsabilità e qualificazione. Il settore ha davvero compiuto passi da gigante. Secondo la Sua visione “dall’alto”, è proprio così? Riconosce questa evoluzione?
Sì, io credo che i dati raccolti riproducano fedelmente la situazione di un contesto giovanile che desidera mettersi in gioco, essere utile e affermare le proprie professionalità in un settore che li riconosca e che ne possa rispondere adeguatamente alle esigenze.
Forse molti passi vanno ancora fatti per quel che riguarda il contesto culturale in senso lato, intendo anche scolastico. Questo perché l’opera di orientamento che viene fatta nella scuola secondaria di primo grado non è ancora matura, non si dimostra consapevole del fatto che il panorama occupazionale è cambiato radicalmente rispetto a pochi anni fa, continuando a incontrare progettualità e interventi su contenuti certo radicati ma superati. Cosa che si riflette sui nuclei familiari: se la scuola non vede l’importanza di determinati settori scolastici di prosecuzione, anche i ragazzi stessi e le loro famiglie seguono questa mentalità. Invece, là fuori c’è un panorama aziendale e di informazione che sta spingendo per il cambiamento. Le scuole non possono perdere l’occasione di spingersi nella stessa direzione.
Per quel che mi riguarda, avere una rete nazionale, storica e ben visibile che si occupa proprio di istituti alberghieri facilita la diffusione di queste informazioni. Ma non solo, si va anche a investire negli istituti specifici per la formazione dei ragazzi, dei docenti e di personale scolastico in generale. Credo che i giovani percepiscano l’importanza del lavoro e di tutti questi aspetti, che va oltre a un discorso di necessità economica e di volontà di costruirsi un futuro tipica della loro età. A volte però lo capiscono un po’ tardi, quando hanno già sperimentato altri percorsi. Da qui si arriva a rilevare la mancanza di professionalità in un settore trainante per il comparto economico italiano, un’eccellenza nazionale riconosciuto a livello mondiale. Ora più che mai è importante non abbassare mai la guardia, perché più ci si specializza più si può proseguire in questa specializzazione, raggiungendo livelli elevati che una volta non erano nemmeno considerati.
Un’altra criticità, un freno all’evoluzione, a mio avviso, è il persistente pregiudizio secondo il quale chi intraprende percorsi di studio di carattere professionalizzante non sia all’altezza di altri studenti che scelgono indirizzi teorici. Io credo che ci sia una parità, forse addirittura una superiorità del contesto tecnico, che è in grado di fornire una formazione teorico-culturale “curvata” in situazioni di utilità e di specializzazione. Elementi di cui i ragazzi hanno un estremo bisogno per maturare le competenze necessarie a se stessi e al panorama socio-economico in cui andranno ad inserirsi.
Che ruolo giocano gli Istituti alberghieri e gli enti come Re.Na.I.A. in questo processo di valorizzazione del settore? Pensa che la formazione fornita a questi ragazzi sia all’altezza dei compiti che si troveranno a svolgere operativamente giorno dopo giorno?
Certamente l’istituto alberghiero è un fiore all’occhiello, perché va a intercettare vocazioni che sono poi quelle maggiormente richieste. Il turismo è un insieme di enogastronomia, accoglienza, identità territoriale, aspetti da sempre riconosciuti come risorse nazionali.
Attualmente diversi istituti alberghieri in Italia investono nel processo di valorizzazione del settore lavorando su tutti gli indirizzi, specialmente quelli con una visione datata (ad esempio l’accoglienza turistica o il personale di sala). Infatti, se vogliamo che il servizio sia di un certo livello, non possiamo improvvisare davanti al cliente ma essere sempre attenti al dettaglio.
Intorno a queste strutture ci sono poi percorsi di formazione e specializzazione che vanno a perfezionare ciò che le scuole impostano. Pensiamo ad esempio gli ITS per percorsi di post diploma superiore, le esperienze all’estero, gli stage di alternanza scuola-lavoro; iniziative grazie alle quali i ragazzi riescono a concretizzare la formazione direttamente nel contesto di applicazione.
Re.Na.I.A., che riunisce circa 150 istituti alberghieri a livello nazionale, mantiene alta l’attenzione intorno a queste attività, organizzando assemblee, convegni, concorsi, ma anche partecipando a bandi ministeriali. Recentemente è stata selezionata per le misure di accompagnamento per il riordino ministeriale dell’istruzione professionale, proprio perché Re.Na.I.A. ha contatti in tutte le regioni quindi rappresenta l’interlocutore privilegiato in un contesto ministeriale.
Insomma, gli Istituti e i vari enti cercano di fare la propria parte, stando molto attenti alle sinergie e ai suggerimenti che arrivano dalle aziende del settore. Con la profonda consapevolezza che il valore della formazione in questo campo non è legato al singolo, ma alla brigata. Senza il lavoro di squadra nessuna individualità potrà eccellere nel panorama enogastronomico e di accoglienza turistica.
Quanto pensa che il confronto tra ragazzi a livello nazionale in occasione di eventi e concorsi (mi riferisco anche a The Greatest Coffee Maker, concorso che ReNaIA patrocinerà e al quale Lei sarà nostra ospite), siano utili e stimolanti per i ragazzi che si stanno avvicinando al mercato del lavoro?
Più ci sono occasioni di confronto, più i ragazzi aumentano le competenze. Credo che investire in queste proposte voglia dire rivitalizzare e rendere ancora più flessibili i percorsi formativi.
Se vissute con un sano spirito di competizione diventano esperienze formative per i ragazzi e percorsi virtuosi per le scuole, che prendono esempio da buone pratiche di altri istituti. Infine, il contatto con aziende del settore che credono e investono nei giovani ha sicuramente una ricaduta positiva nella costruzione di rapporti proficui.