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Mercato che crolla, opportunità che si apre: quali le nuove formule?


Certamente potevamo fare a meno della pandemia e trovare comunque delle opportunità. C’è però qualche segnale che in va in questa direzione rispetto alle nuove formule di ospitalità, sia per i ristoranti che per gli hotel. Coldiretti ha lanciato l’allarme segnalando una perdita di fatturato di almeno €1,5 miliardi, per i mancati acquisti in cibi […]
Certamente potevamo fare a meno della pandemia e trovare comunque delle opportunità. C’è però qualche segnale che in va in questa direzione rispetto alle nuove formule di ospitalità, sia per i ristoranti che per gli hotel. Coldiretti ha lanciato l’allarme segnalando una perdita di fatturato di almeno €1,5 miliardi, per i mancati acquisti in cibi e bevande nel trimestre considerato. Il lungo periodo di chiusura ha pesato su molte imprese dell’agroalimentare Made in Italy: dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura. Ma anche salumi e formaggi di alta qualità, che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. Ci troviamo adesso con una forte assenza di domanda causata da mancanza di turisti, italiani e stranieri, ma anche dallo smart working, che ha prodotto un notevole calo di consumi. Per questo le attività cercano nuove opportunità nella riconversione.  

Quali opportunità?

In un mercato così fluttuante e nervoso, alcune formule cominciano a delinearsi. Di gran moda l’Home restaurant delivery, la cucina che va a casa dei clienti con lo chef. Un’evoluzione dello chef a domicilio. Il primo a muoversi è stato Daniel Humm, che per sostenere il suo ristorante Eleven Madison Park di NY offriva cene private a casa dei clienti per 50.000 US$. Anche in Italia c’è chi sta cercando mercato in quest’area. A Milano, Edoardo Grassi, socio con Luca Pardini, Marco Civitelli e lo chef Elio Sironi del ristorante Al Ceresio 7, ha dichiarato in un’intervista a Il Sole 24 Ore:
“Abbiamo ragionato tanto sul concetto di delivery, partendo ai primi di maggio con più formule. Siamo curiosi per primi di capire l’incidenza sul fatturato attuale e su quello che realizzeremo una volta riaperto il locale. Perché alla fine, se il business funziona ha senso anche creare un laboratorio a parte, tanto più alla luce del nostro progetto di home delivery restaurant”.
Sempre sullo stesso format, il delivery diventa fine dining delivery. Una sorta di catering servito a 360 gradi: non solo cibo ma anche tovaglia, posate, vino, ghiaccio per tenerlo in fresco, un pacchetto completo senza il cuoco o il cameriere. Il fine dining assume quindi una nuova connotazione, rispetto alle grandi esperienze culinarie Europee da cui nasce.  

I format verticali

Queste evoluzioni del format trovano spazio su ristoranti già impostati, organizzati e di medio alto livello. Ma per chi deve aprire un locale nuovo o desidera riadattare e rigenerare quello esistente? Cosa trova sul mercato come opportunità? I format verticali. Già in voga prima della pandemia, sono letteralmente esplosi: dalla pizza al ramen, ai pocket: il modello è sempre lo stesso. Mono prodotto per il 90% dell’offerta – da qui il nome di format verticali –, spazi ridotti e di conseguenza molto cibo da passeggio. Il classico To Go, per intenderci. I format verticali funzionano molto bene nelle grandi città, vicino alle zone a grande traffico urbano. Più in generale osserviamo come tendenza la contaminazione del cibo in luoghi diversi dai soliti dove abitualmente lo troviamo. Questo fenomeno trova la sua naturale spiegazione nel cambio di abitudine al consumo, accelerata moltissimo dal Covid-19, che ha dato una sferzata drastica al cambiamento. Anche negli hotel succede la stessa cosa. La sala colazione sta scomparendo per lasciare spazio a nuovi format a metà tra la caffetteria roastery, dove la leva emozionale è il profumo del caffè fresco tostato in diretta, e le brasserie francesi, che offrono quattro piatti e due proposte di vino, sempre le stesse ma preparate divinamente. Chiaramente questi spazi per potersi reinventare in questo modo devono aprirsi ad un mercato nuovo, quello dei non clienti dell’hotel.   Per chi vuole fare non mancano certo gli stimoli, ma la nostra ventennale esperienza suggerisce la calma. C’è ancora troppa turbolenza e mancanza di domanda. Studiare, valutare e attendere: queste le parole chiave della prima fase di ripartenza.


Scritto da Giacomo Pini

Ruolo: Amministratore e Founder – Azienda: gpstudios Amministratore unico e fondatore di GpStudios, è esperto di Turismo e Ristorazione con oltre venti anni di esperienza sul campo. Consulente per diverse aziende del settore, strutture ricettive, catene alberghiere e holding internazionali, per le quali, con il suo staff, cura lo start up, il marketing strategico, la formazione del personale e più in generale tutta l’attività di lancio e posizionamento commerciale. E’ formatore e autore di diversi testi professionali.

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