Non c’erano tutti. Però erano tanti i
brand leggendari italiani riuniti a Torino, nei giorni scorsi, nella
Nuvola Lavazza. Ciascuno per raccontare come una realtà imprenditoriale possa passare dall’essere semplice azienda all’essere icona.
Nello
spazio architettonico reinventato da
Cino Zucchi non si è parlato d’altro per tre giorni. E lo si è fatto ascoltando la storia di
marchi che spesso
incrociano il mondo dell’hôtellerie e del turismo. Ad esempio
Campari,
Guzzini, Ferrero e naturalmente
Lavazza. Accompagnati da Swatch International, Azimut Benetti Group, Salvatore Ferragamo, Olivetti. L’occasione è stata la celebrazione del primo compleanno della Nuvola con l’
evento Legend 19 ovvero la kermesse ospitata e realizzata da Lavazza.
L’idea di base? “
Raccontare i percorsi che determinano la trasformazione di un brand in un mito, esplorando i fattori che li rendono leggendari”, dichiarano gli organizzatori.
Tutto questo in una cavalcata che ben rende l’idea del percorso compiuto e, soprattutto, del ritmo di marcia tutt’oggi sostenuto per stare al passo col mercato. Storie che possono insomma aiutare qualsiasi azienda a traguardare l’orizzonte con occhi nuovi. Senza necessariamente raggiungere l’olimpo.
Trasformare un prodotto in un’icona
Veniamo ai punti del dibattito. La domanda di apertura è stata per
Campari: come si trasforma il prodotto in un’icona?
La risposta del ceo Robert
Kunze-Concewitz, snocciola quattro elementi di cui ogni azienda dovrebbe prendere atto:
– Curare la qualità del prodotto, sempre e imprescindibilmente.
– Concentrarsi su pochi prodotti, anche uno soltanto, da curare con attenzione estrema.
– Fare formazione in modo puntuale, rigoroso e continuativo, affinché chi vende il prodotto sia sempre preparato e impeccabile.
– Puntare alla fidelizzazione del consumatore attraverso i tre punti precedenti.
Identikit di un prodotto che entra nella leggenda
A
Giuseppe Lavazza, vicepresidente del Gruppo, è toccato quindi il compito di spiegare quali siano le caratteristiche di un prodotto entrato nella leggenda.
– Deve
mantenersi uguale nel tempo, coerente nella qualità e nei valori, senza prescindere mai dal patto fatto in origine con gli utenti.
– Va pensato come se fosse
destinato a una platea di consumatori esperti almeno quanto i produttori. Qualunque sia il bene o il servizio in questione, bisogna pensare che il destinatario sia uno specialista. Sempre.
– La
narrazione deve essere costruita
in funzione dell’epica della marca. Nessun messaggio può essere lanciato a caso, ma sempre pensato come qualcosa di destinato a diventare parte della marca stessa.
Il segreto per un brand di successo: tradizione e innovazione
La ricetta per un’impresa che desideri
valorizzare e conservare la propria tradizione pur stando al passo coi tempi – tema molto caldo anche in ambito turistico-alberghiero – è arrivata da
Marco Boglione, presidente BasicNet, cui fanno capo, tra i molti, i marchi Robe di Kappa, K-Way e Superga.
Nello stile netto che lo contraddistingue, Boglione chiarisce immediatamente che “l’
imprenditore di visione non inventa nulla ma, per contro, non si limita a rincorrere le mode. La sua capacità – spiega – sta nel
cogliere con il giusto anticipo i segnali che gli giungono
dal mercato, traducendoli in azioni proficue per il suo business”.
Esistono allora delle parole-chiave di cui tenere conto per mantenersi competitivi? Ecco quelle raccomandate dagli imprenditori al tavolo.
5 step per rimanere competitivi sul mercato
–
Ascolto
“L’ascolto dei consumatori è fondamentale. Anche se talvolta sembra dare indicazioni contrarie a quanto il produttore avrebbe in mente”, spiega
Dario Voltattorni direttore esecutivo Associazione Italiana Aziende Familiari (AIDAF). “Ricordo per tutti il caso del conte Branca che, in un primo tempo risentito nel vedere il suo celebre Fernet servito come mai lo avrebbe immaginato, cioè unito a menta e ghiaccio, accolse il suggerimento e lo trasformò in un prodotto diffusissimo. Aggiungo per completezza che la cliente a cui deve l’idea è
Maria Callas”.
–
Rispetto
“Rispetto oggi significa
rispetto per le persone, in primis per quelle che lavorano nell’azienda stessa. E poi per le regole anticorruzione, per l’ambiente e per uno sviluppo equo e sostenibile”. E’ il suggerimento di
Marco Frey, presidente Global Compact Network Italia, organizzazione impegnata nel supporto agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ONU.
– Visione
“La
visione è pensare di fare qualcosa di utile per gli altri, ma non basta.
Avere una visione significa anche sapere come reagire di fronte alle criticità, come dimostrare di sentirsi responsabili per gli errori che si sono commessi – sostiene
Pietro Sella, Ceo Sella Group, aggiungendo che la visione non deve mai essere pensata dall’imprenditore come una sua proprietà esclusiva. “Bisogna spendere tempo a condividerla – suggerisce – per arrivare al punto in cui nessuno ricordi più chi ne abbia la paternità. Solo in quel momento sarà veramente e profondamente condivisa da tutti”.
–
Empatia
“La reputazione si costruisce insieme ai consumatori. Per questa ragione – dice
Fabio Ventoruzzo, vicepresidente
Reputation Institute Italy – il cliente va sempre coinvolto in ciò che l’azienda fa. Ricordiamoci sempre che
curare la reputazione è fondamentale, perché è uno dei pochissimi elementi patrimonio dell’impresa che non può essere copiato né trasferito”.
Riassumendo, il
segreto del successo sta in quanto
Domenico Guzzini, presidente Fratelli Guzzini, concentra in tre parole:
cultura di progetto. Un modo di operare che va oltre la doverosa attenzione per il prodotto bello e ben fatto.
“La cultura di progetto – sottolinea Guzzini – presuppone una modalità operativa che abbiamo imparato dialogando con i grandi designer. Loro ci hanno insegnato, già molti anni fa, ad attingere al
potenziale creativo dello staff, a valorizzare la forza vendita e a rispettare il territorio in cui si opera”.